Mommy - Xavier Dolan, 2014
Trama: Diane, una vedova che ha difficoltà a crescere il suo figlio inquieto e violento, trova aiuto in una misteriosa vicina di casa.
Cast: Anne Dorval, Suzanne Clement, Antoine Olivier Pilon
Io ho amato questo film e sapevo che lo avrei amato ancor prima di vederlo. Sapevo che lo avrei amato fin da quando Xavier Dolan annunciò che aveva intenzione di portalo a Cannes (dove, tra l'altro, ha anche vinto): amo semplicemente qualsiasi cosa che esca fuori dalla mente di quest'uomo. A soli 25 anni ha diretto cinque lungometraggi (il primo quando aveva 19 anni, la sceneggiatura scritta a 16) e recitato come protagonista in tre di essi. Sì, le vostre esistenze sono inutili al confronto.
Finito questo breve elogio a Dolan - e vi ho risparmiati, perché è della mia persona preferita sulla faccia della terra che stiamo parlando e potrei scriverci un saggio sul suo conto, passiamo al film. In Mommy ritroviamo a grandi linee la stessa tematica di J'ai tué ma mère, primo lungometraggio del regista canadese, sviluppata in maniera si potrebbe dire più adulta: se J'ai tué ma mere può essere considerato uno sfogo adolescenziale, Mommy è un film complesso, dove ci vengono presentati tre personaggi molto diversi tra loro e ai quali ci affezioniamo nel momento esatto in cui appaiono sullo schermo: Diane, mamma atipica e per certi versi esasperata; Steve, probabilmente il figlio più problematico nella storia del cinema, secondo solo a Norman Bates; Kyla, insegnante che da un paio di anni ha problemi nella comunicazione verbale e di cui sappiamo ben poco.
All'inizio del film ci appare un avviso: la storia si svolge in un futuro immediatamente prossimo in cui il governo canadese dà la possibilità ai genitori di internare i figli problematici in strutture statali, ma ciò risulta irrilevante e ce ne dimentichiamo quasi durante la visione, perché il punto di forza di questo film sono i suoi tre protagonisti e le influenze che hanno l'uno sull'altro. Dolan è un maestro nel narrare i rapporti umani, ma ciò lo sapevamo già. Riesce sempre a mostrarci in maniera impeccabile cosa lega i suoi personaggi, che sia odio, amore, amicizia o qualcosa nel mezzo. Ma è anche un maestro nel lasciare questi rapporti sospesi ad un filo: così come in Tom à la ferme non sapevamo esattamente cosa legasse il protagonista al il suo carnefice e in Les Amours Imaginaires non sapevamo esattamente cosa legasse i tre personaggi tra loro, in Mommy non riusciamo a cogliere ogni sfumatura di ciò che lega la madre al figlio, il figlio alla vicina e le due donne l'una all'alta.
Dolan è anche, e soprattutto, un esteta: non c'è una sola cosa che lasci al caso, dall'aspetto dei personaggi agli ambienti in cui essi si muovono e agli oggetti che utilizzano. Sa esattamente cosa sta facendo, dal primo fotogramma all'ultimo e ogni cosa è come egli vuole che sia, poco importa se non ha del tutto senso: a tal proposito cito il formato del film, che è quasi completamente in 1:1, fino a che Steve non allarga letteralmente l'inquadratura con le mani in un momento in cui la sua vita e quella delle due donne ha trovato un certo equilibrio, destinato però a non durare. Nuovamente l'inquadratura si allarga, stavolta ad opera del regista e non di un personaggio, quando i tre protagonisti si allontanano dal loro quartiere per fare una gita, a simboleggiare la libertà e la felicità, sempre effimera, di cui in quel momento godono.
Qualcuno ha trovato la colonna sonora un po' scontata ma io, personalmente, l'ho adorata. Le scene più belle del film sono accompagnate dalla musica, per citarne alcune: la scena di Colorblind dei Counting Crows, dove Steve è in giro sullo skate; la scena di Blue degli Eiffel 65, intensa lite tra Steve e Kyla; la fantastica scena di On Ne Change Pas di Celine Dion, la mia preferita; il finale bellissimo, di cui non anticipo nulla, accompagnato dalle note di Born To Die di Lana Del Rey.
- J'ai tué ma mère (2009) e tutti gli altri film di Xavier Dolan (Laurence Anyways, Les Amours Imaginaires e Tom à La Ferme):
- We Need To Talk About Kevin (Lynne Ramsay, 2011) per il rapporto madre/figlio;
- Short Term 12 (Destin Cretton, 2013) per storie con ragazzi problematici.
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