3/26/2015
Unknown
Trama: Tommaso (Riccardo Scamarcio) è figlio di un imprenditore pugliese e ha deciso di lasciare la famiglia per studiare economia a Roma. Il motivo vero però è presto svelato in una confessione al fratello Antonio (Alessandro Preziosi): è gay e convive con un uomo, ed è tornato a casa per confessarlo al padre così che lo cacci definitivamente e lo sollevi da tutte le responsabilità nei confronti del pastificio di famiglia. Ma ad una cena di famiglia, quando Tommaso aveva previsto di fare coming out, accade un imprevisto che manderà all'aria tutti i suoi piani.
Cast: Riccardo Scamarcio, Alessiandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni, Carolina Crescentini
Prima che voi leggiate questa recensione è doveroso avvertirvi: IO AMO MINE VAGANTI. Scritto anche in maiuscolo, così non ci sono fraintendimenti. Se avete cominciato la lettura in cerca di una recensione oggettiva, che vi illustri anche i lati negativi di questo film (ammesso che ce ne siano), chiudete la pagina immediatamente: qui solo arcobaleni, unicorni e cose belle.
Il film è un film di Ozpetek in piena regola e sviluppa tutti i temi a lui cari, stavolta concentrandosi particolarmente sulla famiglia, una famiglia salentina benestante ma con la mente chiusa, che si trova in difficoltà nell'accettare dell'omosessualità del figlio (e no, non basatevi sulla trama che ho scritto... non è come sembra!) anche se, dopotutto, per citare la nonna, "la terra non può volere male all'albero".
La nonna, perennemente bloccata nei ricordi di un amore passato, è solo uno dei personaggi meravigliosi che popolano questo film, il personaggio preferito un po' di tutti e sicuramente del regista: è a lei che riserva le battute e le scene più belle, oltre che l'apertura e la chiusura del film.
Poi ci sono i due fratelli, del cui rapporto è difficile parlare senza anticipare nulla. La mamma, che si trova spiazzata nel venire a conoscenza dell'omosessualità del figlio (che, di nuovo, non è come sembra!), che si tortura nel chiedersi come mai non l'abbia capito, una mamma queste cose dovrebbe sentirsele, no? La zia, anch'ella bloccata nei suoi ricordi e nelle sue paure e la cameriera Teresa, che è la nota più comica di tutto il film e dà il suo meglio quando gli amici di Tommaso, fantastici e troppo gay persino per questo film, vengono a trovarlo da Roma. In questo quadretto si inserisce Alba, una ragazza un po' particolare, introdottaci immediatamente e che in quello stesso momento viene a sapere dell'omosessualità di Tommaso, giocando quindi come sua alleata e a tratti anche qualcosa in più, contribuendo a formare il triangolo tra due uomini gay e una donna tipico dei film di Ferzan. È anche un film sull'ammirazione del regista per le donne in tutte le loro sfaccettature, il risultato di esservi cresciuto, tra le donne, avendo così imparato a conoscerle e descriverle al meglio.
Tommaso è, prima di essere un figlio e prima di essere gay, uno scrittore di romanzi d'amore: è anche per questo che si è allontanato dalla famiglia, per seguire il suo sogno invece di continuare quello del padre. Questo romanticismo viene fuori in tutto il suo estro ogni volta che parla di Marco, l'uomo con cui convive, la sua dolce metà, e non so se sia merito della scrittura o merito di Scamarcio ma ho avuto gli occhi a cuoricino per tutto il tempo.
Mai come in questo film è evidente l'importanza che Ozpetek dà ai pranzi di famiglia e al cibo in generale: Alba e Tommaso che cenano insieme, i dolci che la nonna mangia, la scena del mancato discorso di Tommaso che dà inizio alle vicende del film e che è tragica e comica allo stesso tempo, ma anche cose apparentemente di poco conto come il mitico pollo e riso scondito all'ospedale.
Un altro tema che ricorre per tutto il film è quello dell'amore vissuto di nascosto, un amore che scivola via in fretta e che bisogna cogliere prima che sia troppo tardi, come può essere quello di Tommaso, di Antonio, della nonna e della zia Luciana. Questo film è per me un inno alla libertà: libertà di amare chi vuoi, di svolgere la professione che senti di voler svolgere, di andar via senza dimenticare le tue radici e di tornare, di lasciarti morire quando pensi che il tuo momento sia arrivato, libertà di decidere il corso della tua vita senza sentirti in colpa verso le persone che ami e che amano te. Ed è forse per questo che lo amo così tanto.
Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti...
- Magnifica Presenza (stesso regista, 2012);
- Come Non Detto (Ivan Silvestrini, 2012);
- Diverso Da Chi? (Umberto Carteni, 2009);
- La Kryptonite Nella Borsa (Ivan Cotroneo, sceneggiatore di Mine Vaganti insieme a Ozpetek e creatore di quel capolavoro di serie che era Tutti Pazzi Per Amore, 2011)
Trivia: il rapporto di Ozpetek con il cibo, tratto dal suo libro Rosso Istanbul:
"[...] ho voluto che il centro della mia casa fosse il lungo tavolo
di legno grezzo che è la prima cosa che si vede entrando: perché a casa mia si entra direttamente in
cucina. È qui, su questo tavolo, che preparo il primo caffè del mattino; fatto con la moca, ovvio. È qui
che discuto, scrivo, e immagino le sceneggiature dei miei film. È qui che, a pranzo o a cena, cucino per le
persone che amo, quelle che sono la mia famiglia.
Pensandoci, forse non è un caso che nei miei ĕlm si mangi spesso. Magari è solo un tramezzino,
mentre divori con gli occhi la persona di cui ti stai innamorando: una delle scene più romantiche che ho
girato. Oppure sono i trionfi di dolci del pasticciere sotto casa mia, a Roma; torte e bignè e sfogliatelle a
cui non so resistere, quando passo davanti alla vetrina. E poi, quante tavolate nei miei film: di famiglia,
magari con un litigio nell’aria; banchetti nuziali; tavoli apparecchiati per amici o amanti; tavole
imbandite aspettando qualcuno che non arriverà. Forse un fantasma, o un perduto amore.
[...] E mi piace stare ai fornelli mentre gli amici sono riuniti a tavola; cucinare, ridere e chiacchierare.
A volte, quando siamo tutti seduti lì, e siamo giunti agli ultimi bicchieri, al dolce, alla chiacchiera per
la chiacchiera, mi allontano un attimo, con la scusa di fare qualcosa nella stanza accanto. Poi rimango
sulla soglia, in penombra, a guardarli. Mi conforta osservarli in silenzio, sapere che ci sono; scivolare per
un momento fuori dalla mia vita e guardarla come se fossi un estraneo."