marzo 2015

lunedì, marzo 30, 2015

God Help The Girl - Stuart Murdoch, 2014


Trama: Eve è ricoverata in un ospedale psichiatrico a causa della sua anoressia nervosa e il suo sfogo è la musica. A Glasgow, durante l'estate, incontra due ragazzi con cui trova delle affinità e insieme formano una band. 
Cast: Emily Browning, Olly Alexander, Hannah Murray, Pierre Boulanger

God Help The Girl è la prima esperienza da regista di Stuart Murdoch, frontman dei Belle And Sebastian che, se li conoscete, sapete essere la band hipster per eccellenza. Hipster è esattamente il termine che si addice a questo film: trasuda questa sottocultura da ogni fotogramma, è hipster in ogni minimo dettaglio, dai colori rigorosamente pastello alla musica scritta dalla stessa band di Murdoch e ai costumi favolosi che sembrano presi a caso da ogni decennio a partire dagli anni 60 fino a ora.

Il punto di forza sono senza dubbio i tre protagonisti, non tanto per la scrittura degli stessi ma perché interpretati da un trio di attori che stanno benne ovunque li si metta: Emily Browning è una visione, a mio parere una delle attrici più belle in assoluto, è di una grazia e una dolcezza che non sono di questo mondo e, oltre a essere un'attrice bravissima, è un angelo quando canta. La parte da hipster criticone ma timido e adorabile si cuce perfettamente addosso a Olly Alexander, mentre ad Hannah Murray vogliamo tutti bene a prescindere (e guarda il caso il suo personaggio in questo film si chiama proprio Cassie). I dialoghi tra i personaggi restano come sospesi in aria, sognanti, un po' alla Wes Anderson e, nonostante io non ascolti i Belle And Sebastian, la colonna sonora è incredibilmente carina e prevedo già una fissa (proprio mentre scrivo sto ascoltando The Psychiatrist Is In).

Questo film è adorabile, a patto che ci si approcci senza pretese. Di certo non è esente da difetti che, se lo si analizza con occhio più critico, arrivano addirittura a superare i pregi: che Murdoch sia per la prima volta dietro la macchina da presa si vede, i colori pastello non riescono a distrarre da inquadrature e montaggi che sembrano un po' fuori posto. I personaggi sono sì piacevoli e in sé lo è anche il film, ma alla fine risulta vuoto nell'essenza, è un'avventura ambientata nel corso di un'estate ed è fine a se stessa. Se vi aspettate grandi sviluppi di trama allora statene alla larga.

Statene alla larga anche e soprattutto se i musical non sono il vostro genere: potreste ritrovarvi nel vostro peggior incubo, dove le canzoni sono infilate un po' qui un po' lì a caso e a un certo punto del film cominciano a essere accompagnate da filmati che con la trama non c'entrano proprio niente. Infine, per un film che inizia presentandoci la protagonista in un ospedale psichiatrico in guarigione dall'anoressia, mi aspettavo una particolare attenzione nei confronti di questa malattia, cosa che non ho trovato.
Se io sono riuscita a guardare al di là di questi difetti e a passare un'ora e quarantacinque in compagnia di canzoni deliziose e personaggi adorabili potete farcela pure voi.


Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 

  • Inside Llewyn Davis (Ethan & Joel Coen, 2014); 
  • Across The Universe (Julie Taymor, 2007); 
  • Nowhere Boy (Sam Taylor-Wood, 2009); 
  • Submarine (Richard Ayoade, 2010); 
  • Les Chansons D'Amour (Christophe Honoré, 2007); 
  • tutta la filmografia di Wes Anderson;
  • My Mad Fat Diary (2013), telefilm. 

Trivia: Olly Alexander non è nuovo alla musica: è il frontman della band synthpop/elettronica Years & Years che se vi volete bene vi consiglio di ascoltare. 

La Finestra Di Fronte - Ferzan Ozpetek, 2003


Trama: Giovanna è una contabile in un'azienda alimentare e suo marito ha un lavoro precario. Inizialmente spia un uomo che abita nel palazzo opposto al suo e poi se ne innamora. La relazione tra i due diviene più forte grazie a un uomo anziano che è bloccato nei ricordi di un amore che ha perso nel 1943. 
Cast: Giovanna Mezzogiorno, Massimo Girotti, Raoul Bova, Filippo Nigro


Dopo tanto tempo e tanti film, ancora mi sorprendo dell'abilità di Ferzan Ozpetek di farmi emozionare ogni volta, ancora rimango stupita dalla delicatezza con cui riesce a trattare ogni tema senza farlo sembrare pesante o di cattivo gusto .


Questo film è un film su persone che si innamorano guardandosi dalle finestre, finestre presenti durante tutto il film: per osservarsi di nascosto, per dichiararsi amore, per affacciarsi sul passato e su se stessi. Giovanna è una donna che non regge più la banalità della sua vita, composta da marito, figli e un lavoro che di entusiasmante non ha nulla: le sue evasioni sono la pasticceria a tempo perso e lo spiare il suo vicino dalla finestra, senza sapere che in realtà lui fa lo stesso. La passione li travolge, lei che così facendo potrebbe perdere tutto e lui che da perdere non ha proprio un bel niente, e i loro corpi si intrecciano in una delle scene di sesso più particolari che ho visto ultimamente.


Commento tecnico necessario: avete visto che bono con gli occhiali?
Lorenzo è il rifugio di Giovanna, così come Giovanna è il rifugio di Davide. Davide è l'uomo anziano che Giovanna e suo marito incontrano per strada e decidono di portare a casa, dopo essersi accorti della sua perdita di memoria. Negli anni 40 Davide ha conosciuto il grande amore della sua vita, Simone, proprio guardandolo dalla finestra. La morte di Simone è qualcosa che Davide non supererà mai e porterà con sé come una croce fino all'incontro con Giovanna. Veniamo presi per mano e accompagnati ora nei flashback di quella notte dell'autunno del 1943, ora nel presente, dove i nodi vengono al pettine sia per Davide che per Giovanna. I due sono accomunati dall'amore per la pasticceria e, ancora una volta, Ozpetek lascia che sia il cibo a parlare dove le parole vengono a mancare.


Un film ben lontano dall'essere perfetto, che poteva approfondire di più i suoi personaggi e le sue storie, ma che non ti lascia da solo dopo la visione, anzi insinua mille domande diverse nella tua testa. Cosa sei disposto a fare pur di evadere dalla ripetitività della tua vita? Vale davvero la pena di lasciare tutto quello che hai costruito negli anni per assecondare il cuore? E quella che mi è entrata più nel profondo e a cui non so dare una risposta: lasceresti morire l'amore della tua vita se servisse a salvare decine di donne, uomini e bambini?



Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 
  • dallo stesso regista Magnifica Presenza (2011), Le Fate Ignoranti (2001), Allacciate Le Cinture (2014); 
  • Miele (Valeria Golino, 2013) per il rapporto tra donna e uomo anziano e per gli spunti di riflessione sulla morte.


venerdì, marzo 27, 2015

Movie challenge


Questa non è una recensione ma una 30 day movie challenge che la mia amata Cristina mi ha chiesto di fare, ma visto che sicuramente mi dimenticherei di completarla la faccio tutta ora e in un solo post. :)

1. Il tuo film preferito: la lista potrebbe andare avanti a lungo, ma tutti sanno che il mio film preferito in assoluto, quello che è molto più di un film ma è una parte di me, è uno solo: The Dreamers (Bernardo Bertolucci, 2003)


2. L'ultimo film che hai guardato: ho appena finito di vedere Good Bye, Lenin! (Wolfgang Becker, 2003), il secondo dei due film tedeschi che ho visto in tutta la mia vita (non fate quella faccia, mica posso guardare tutto!) e l'ho trovato carinissimo. Ovviamente la presenza di Daniel Bruhl contribuisce.

3. Il tuo film preferito d'azione/avventura: 7 Psicopatici (Martin McDonagh, 2012) è senza dubbio il film più figo che ci sia sulla faccia della Terra (io lo considero film d'azione ma non so se cada precisamente in questa categoria).

4. Il tuo film horror preferito: io odio i film horror. Non perché mi facciano paura, anzi, è il contrario: non mi spaventano, non mi suscitano alcuna emozione, quindi non li trovo interessanti e finisco per annoiarmi. Gli unici film horror che ho visto sono quelli che sono stata costretta a vedere durante le serate tra amici e qualche film d'autore che non potevo farmi mancare.

5. Il tuo film drammatico preferito: credo che la risposta giusta sia Eyes Wide Shut (Stanley Kubrick, 1999).


6. Il tuo film commedia preferito: sono divisa tra le centomila commedie che amo, quindi citerò la più grande di tutte, Divorzio All'Italiana (Pietro Germi, 1961)

7. Un film che ti rende felice: Mine Vaganti (Ferzan Ozpetek, 2010) è sempre una botta di vita, il film adatto a farti sentire bene qualsiasi sia il tuo stato d'animo.

8. Un film che ti rende triste: me ne sono venuti in mente svariati, poi ho pensato a L'Attimo Fuggente (Peter Weir, 1989) e tutto il resto mi è sembrato irrilevante.

9. Un film di cui sai praticamente ogni battuta: mentirei se dicessi di non conoscere a memoria Love Actually (Richard Curtis, 2003), persino le battute in portoghese tra Aurelia e Colin Firth.

10.  Il tuo regista preferito: Xavier Dolan, l'unico e il solo.


11. Il tuo film preferito dell'infanzia: la trilogia di Toy Story non è il film preferito dell'infanzia di tutti, scusate? In caso, la risposta di riserva è Kill Bill (Quentin Tarantino, 2003-2004) (sì, proprio quello, avete capito bene).

12. Il tuo film d'animazione preferito: se pensate che la storia d'amicizia tra un vichingo sfigato e un drago mi abbia fatto piangere beh, avete assolutamente ragione. Dragon Trainer e Dragon Trainer 2 (Dean DeBlois, 2010 e 2014)

13. Un film che amavi ma che ora odi: nessuno.

14. La tua citazione preferita da qualsiasi film: una a caso da The Dreamers andrà bene.

15. Il primo film che hai visto al cinema: non ne ho idea.

16. L'ultimo film che hai visto al cinema: Big Hero 6 (Don Hall e Chris Williams, 2014), e ho anche pianto. In una sala piena di bambini. Ma almeno non ero l'unica.

17. Il miglior film che hai visto l'anno scorso: ne ho visti quasi 200 quindi uno in particolare non riuscirei a sceglierlo.

18. Un film che ti ha deluso: Nightcrawler (Dan Gilroy, 2014), uno a caso. Mi aspettavo di più, forse dovrei riguardarlo per dargli un'altra occasione.

19. Il tuo attore preferito: si sorprenderebbe qualcuno se dicessi Michael Fassbender?

20. La tua attrice preferita: in questo momento sto immaginando Eva Green e Léa Seydoux che combattono per il mio amore.

21. Il film più sopravvalutato: pffffff. Tra le centinaia di migliaia di film sopravvalutati posso dire che Ida (Pawel Pawlikowski, 2013) neanche la nomination agli Oscar si meritava?

22. Il film più sottovalutato: perché nessuno parla mai di quanto sia bello Short Term 12 (Destin Cretton, 2013)? Perché?!


23. Il tuo personaggio preferito di qualsiasi film: IN CHE SENSO MARTY MCFLY NON È IL PERSONAGGIO PREFERITO DI TUTTI?! (chiaramente i personaggi della Marvel non fanno testo)

24. Documentario preferito: nessuno.

25. Un film che nessuno si aspetterebbe che tu ami: ogni volta che esce un film demente con Seth Rogen piango dalla gioia. Se ci sono pure James e Dave Franco è meglio.

26. Un film che è il tuo guilty pleasure: 21 Jump Street (Phil Lord e Chris Miller, 2012) è il guilty pleasure per eccellenza, un capolavoro cinematografico dei nostri tempi (non ho ancora finito di vedere il secondo, ugh!)

27. Film classico preferito: cosa può essere considerato classico? Il Sorpasso (Dino Risi, 1962) va bene? Giusto perché Divorzio All'Italiana l'ho già citato sopra.

28. Film con la migliore soundtrack: chiunque non risponda Across The Universe (Julie Taymor, 2007) non merita rispetto.


29. Un film che ha cambiato la tua opinione su qualcosa: io penso che uno dei tanti lavori che un film deve compiere sia proprio questo, arrivare alla gente tentando di sensibilizzarla a qualcosa che è al di fuori della loro visione del mondo, problematiche a cui non avrebbero mai pensato se non avessero visto quel film. Io dico Nymphomaniac (Lars Von Trier, 2013), ma ce ne sono innumerevoli.

30. Il film che ti piace di meno: io non posso ancora credere di vivere in un mondo dove esiste una cosa come Cyberbully (Charles Binamé, 2011).

(Cristina, non sei rimasta delusa, vero?!)

giovedì, marzo 26, 2015

Mine Vaganti - Ferzan Ozpetek, 2010


Trama: Tommaso (Riccardo Scamarcio) è figlio di un imprenditore pugliese e ha deciso di lasciare la famiglia per studiare economia a Roma. Il motivo vero però è presto svelato in una confessione al fratello Antonio (Alessandro Preziosi): è gay e convive con un uomo, ed è tornato a casa per confessarlo al padre così che lo cacci definitivamente e lo sollevi da tutte le responsabilità nei confronti del pastificio di famiglia. Ma ad una cena di famiglia, quando Tommaso aveva previsto di fare coming out, accade un imprevisto che manderà all'aria tutti i suoi piani.
Cast: Riccardo Scamarcio, Alessiandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni, Carolina Crescentini


Prima che voi leggiate questa recensione è doveroso avvertirvi: IO AMO MINE VAGANTI. Scritto anche in maiuscolo, così non ci sono fraintendimenti. Se avete cominciato la lettura in cerca di una recensione oggettiva, che vi illustri anche i lati negativi di questo film (ammesso che ce ne siano), chiudete la pagina immediatamente: qui solo arcobaleni, unicorni e cose belle.
Il film è un film di Ozpetek in piena regola e sviluppa tutti i temi a lui cari, stavolta concentrandosi particolarmente sulla famiglia, una famiglia salentina benestante ma con la mente chiusa, che si trova in difficoltà nell'accettare dell'omosessualità del figlio (e no, non basatevi sulla trama che ho scritto... non è come sembra!) anche se, dopotutto, per citare la nonna, "la terra non può volere male all'albero".

La nonna, perennemente bloccata nei ricordi di un amore passato, è solo uno dei personaggi meravigliosi che popolano questo film, il personaggio preferito un po' di tutti e sicuramente del regista: è a lei che riserva le battute e le scene più belle, oltre che l'apertura e la chiusura del film.
Poi ci sono i due fratelli, del cui rapporto è difficile parlare senza anticipare nulla. La mamma, che si trova spiazzata nel venire a conoscenza dell'omosessualità del figlio (che, di nuovo, non è come sembra!), che si tortura nel chiedersi come mai non l'abbia capito, una mamma queste cose dovrebbe sentirsele, no? La zia, anch'ella bloccata nei suoi ricordi e nelle sue paure e la cameriera Teresa, che è la nota più comica di tutto il film e dà il suo meglio quando gli amici di Tommaso, fantastici e troppo gay persino per questo film, vengono a trovarlo da Roma. In questo quadretto si inserisce Alba, una ragazza un po' particolare, introdottaci immediatamente e che in quello stesso momento viene a sapere dell'omosessualità di Tommaso, giocando quindi come sua alleata e a tratti anche qualcosa in più, contribuendo a formare il triangolo tra due uomini gay e una donna tipico dei film di Ferzan. È anche un film sull'ammirazione del regista per le donne in tutte le loro sfaccettature, il risultato di esservi cresciuto, tra le donne, avendo così imparato a conoscerle e descriverle al meglio.

Tommaso è, prima di essere un figlio e prima di essere gay, uno scrittore di romanzi d'amore: è anche per questo che si è allontanato dalla famiglia, per seguire il suo sogno invece di continuare quello del padre. Questo romanticismo viene fuori in tutto il suo estro ogni volta che parla di Marco, l'uomo con cui convive, la sua dolce metà, e non so se sia merito della scrittura o merito di Scamarcio ma ho avuto gli occhi a cuoricino per tutto il tempo.

Mai come in questo film è evidente l'importanza che Ozpetek dà ai pranzi di famiglia e al cibo in generale: Alba e Tommaso che cenano insieme, i dolci che la nonna mangia, la scena del mancato discorso di Tommaso che dà inizio alle vicende del film e che è tragica e comica allo stesso tempo, ma anche cose apparentemente di poco conto come il mitico pollo e riso scondito all'ospedale.


Un altro tema che ricorre per tutto il film è quello dell'amore vissuto di nascosto, un amore che scivola via in fretta e che bisogna cogliere prima che sia troppo tardi, come può essere quello di Tommaso, di Antonio, della nonna e della zia Luciana. Questo film è per me un inno alla libertà: libertà di amare chi vuoi, di svolgere la professione che senti di voler svolgere, di andar via senza dimenticare le tue radici e di tornare, di lasciarti morire quando pensi che il tuo momento sia arrivato, libertà di decidere il corso della tua vita senza sentirti in colpa verso le persone che ami e che amano te. Ed è forse per questo che lo amo così tanto.


Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 
  • Magnifica Presenza (stesso regista, 2012); 
  • Come Non Detto (Ivan Silvestrini, 2012); 
  • Diverso Da Chi? (Umberto Carteni, 2009); 
  • La Kryptonite Nella Borsa (Ivan Cotroneo, sceneggiatore di Mine Vaganti insieme a Ozpetek e creatore di quel capolavoro di serie che era Tutti Pazzi Per Amore, 2011)


Trivia: il rapporto di Ozpetek con il cibo, tratto dal suo libro Rosso Istanbul:
"[...] ho voluto che il centro della mia casa fosse il lungo tavolo di legno grezzo che è la prima cosa che si vede entrando: perché a casa mia si entra direttamente in cucina. È qui, su questo tavolo, che preparo il primo caffè del mattino; fatto con la moca, ovvio. È qui che discuto, scrivo, e immagino le sceneggiature dei miei film. È qui che, a pranzo o a cena, cucino per le persone che amo, quelle che sono la mia famiglia. Pensandoci, forse non è un caso che nei miei ĕlm si mangi spesso. Magari è solo un tramezzino, mentre divori con gli occhi la persona di cui ti stai innamorando: una delle scene più romantiche che ho girato. Oppure sono i trionfi di dolci del pasticciere sotto casa mia, a Roma; torte e bignè e sfogliatelle a cui non so resistere, quando passo davanti alla vetrina. E poi, quante tavolate nei miei film: di famiglia, magari con un litigio nell’aria; banchetti nuziali; tavoli apparecchiati per amici o amanti; tavole imbandite aspettando qualcuno che non arriverà. Forse un fantasma, o un perduto amore. [...] E mi piace stare ai fornelli mentre gli amici sono riuniti a tavola; cucinare, ridere e chiacchierare. A volte, quando siamo tutti seduti lì, e siamo giunti agli ultimi bicchieri, al dolce, alla chiacchiera per la chiacchiera, mi allontano un attimo, con la scusa di fare qualcosa nella stanza accanto. Poi rimango sulla soglia, in penombra, a guardarli. Mi conforta osservarli in silenzio, sapere che ci sono; scivolare per un momento fuori dalla mia vita e guardarla come se fossi un estraneo."

lunedì, marzo 23, 2015

Il Bagno Turco (Hamam) - Ferzan Ozpetek, 1997


Trama: Francesco ha un studio di architettura a Roma insieme a sua moglie. Quando sua zia muore, viaggia fino ad Istanbul per ereditare il bagno turco (hamam) che lei gli ha lasciato. Troverà qui l'amore e il calore che mancano alla sua vita in Italia.
Cast: Alessandro Gassmann, Francesca D'Aloja, Carlo Cecchi, Halil Ergun, Serif Sezer, Mehmet Gunsur


Ma quanto sono belli i film di Ferzan Ozpetek?
Con questo posso dire di aver visto la metà più uno della sua filmografia e di aver amato tutto (senza contare Allacciate Le Cinture che è stato talmente deludente che faccio finta che non esista), i film di Ozpetek sono inconfondibili: a me piace paragonarli a dei fiori, capaci di rapirti sempre con la loro delicatezza, con la loro bellezza ricercata e con il loro equilibrio effimero, come se una folata di vento stesse per spazzare via tutto. I suoi personaggi fuggono sempre da qualcosa e nella loro fuga trovano qualcos'altro: una persona speciale, un senso di appartenenza a qualcosa e, fondamentalmente, sé stessi.

Hamam è la sua opera prima, dove si vede chiaramente il tema inconfutabile di ogni film di Ozpetek: l'amore. L'amore per il paese da cui proviene, la Turchia, e per quello che l'ha "adottato", l'Italia; l'amore tra due persone che, per un motivo o per l'altro, non dovrebbero stare insieme; l'amore per la famiglia, che si può riassumere con la consueta scena della tavolata, presente in tutti i suoi film.


Ci ritroviamo immediatamente catapultati in una casa turca e per tutto il film percorriamo le strade di Istanbul, le sue stanze, sentiamo tutti i profumi del posto e i sentimenti della gente, imparando a conoscere non solo il protagonista, Francesco, ma anche la famiglia sorprendentemente gentile e disponibile che lo ospita.


Hamam è, per me, un film composto da momenti mancati: tra Francesco e Mehmet, il ragazzo turco di cui si innamorerà; tra Francesco e sua moglie, che attraversano da prima della sua partenza un momento di crisi; tra Francesco e la sua nuova città, alla quale in poco tempo si lega indissolubilmente; tra la zia Anita e tutte le persone che la circondavano e le volevano bene, che impariamo a conoscere attraverso le sue lettere. Persino tra la moglie di Francesco e Istanbul che, proprio come lui, tra le sue strade troverà sé stessa.


Questi momenti mancati, però, non sono affatto un male: sono convinta che se le cose fossero state "esplicitate", se come spettatori ci fosse stata spiegata ogni cosa passo dopo passo, questo film avrebbe perso la sua magia che le ambientazioni incantevoli hanno contribuito a creare. Un film sicuramente da guardare se, come me, siete amanti delle storie che sembrano sospese ad un filo, con dei personaggi che sembrano crollare da un momento all'altro per quanto delicati essi sono.



Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 
  • dallo stesso regista Mine Vaganti (2010, per la famiglia e la tematica lgbt), Saturno Contro (2007, per i rapporti tra i personaggi), Le Fate Ignoranti (2001, per il triangolo tra moglie/marito/amante del marito), Harem Suare (1999, per la Turchia) e Rosso Istanbul, che non è un film ma bensì un libro dello stesso Ozpetek sul quale sta girando anche un film; 
  • Tutto Su Mia Madre (1999, Pedro Almodovar) per la tematica lgbt e la ricerca di sé stessi. 


sabato, marzo 21, 2015

Noi Credevamo - Mario Martone, 2010


Trama: Racconta la storia di tre ragazzi del Cilento: Salvatore, con spirito patriota, Domenico, che crede nell'amicizia e Angelo, votato all'azione violenta. Nel 1828 scelgono di prendere parte al movimento politico repubblicano della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Le loro vite, in seguito a questa decisione, prenderanno strade diverse, ripercorrendo alcuni episodi della storia del Risorgimento italiano. (da Wikipedia)
Cast: Luigi Lo Cascio, Luigi Pisani, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Andrea Bosca, Edoardo Natoli, Toni Servillo, Michele Riondino, Andrea Renzi, Luca Zingaretti, Luca Barbareschi, Fiona Shaw


Noi Credevamo è, come ogni film storico che si rispetti, lunghissimo e pesante: è naturale farlo durare tanto, per descrivere al meglio il pezzo di storia che si va a narrare ed è altrettanto naturale sfociare, dopo i tanti minuti e i tanti temi trattati, nella pesantezza. Pesantezza e lunghezza però, secondo me, non determinano la qualità di un film storico, che può essere fatto male o bene a prescindere da questi due fattori. Con Noi Credevamo, io propendo di più verso il secondo caso: è senz'altro un film fatto bene, con delle ambientazioni bellissime e un cast di alto livello e che in quanto a dialoghi scorre abbastanza bene. I film brutti sono decisamente ben altri.

Seguiamo lo sviluppo del Risorgimento italiano (non so quanto possa essere accurato storicamente, non sono abbastanza informata) tramite un intreccio di varie storie che lega i protagonisti, personaggi di fantasia, a personaggi realmente esistiti e molto importanti per la storia italiana, tra i quali spicca Mazzini interpretato da un Toni Servillo che dà sempre il massimo, che si tratti di reggere sulle sue spalle un intero film o che sia poco più di un cameo, come succede in questo caso.



Chiaramente, essendo un film della durata di quasi tre ore e soprattutto che prende spunto da vicende storiche realmente accadute, come ogni film di questo genere ha parti interessanti e parti in cui ci si distrae facilmente, o altre parti in cui non si è completamente sicuri di ciò che sta accadendo. Però tutto sommato il film si fa seguire: la sceneggiatura è dello stesso Martone e di Giancarlo De Cataldo, scrittore di vari romanzi e prodotti televisivi (suo è Romanzo Criminale, libro e consulenza artistica della serie, quindi non è esattamente il primo fesso che hanno trovato in giro) e la storia è stata adattata da un romanzo di Anna Banti.



Mi è particolarmente piaciuta la parte iniziale, dove i protagonisti sono giovani e con tanta voglia di rivoluzione: con la loro crescita, devo ammettere, il mio interesse è andato scemando. La consistenza è più o meno quella di uno sceneggiato televisivo composto da quattro parti. In ogni caso, se vi interessa la storia, vi consiglio di guardarlo anche solo per avere davanti un affresco dell'Italia ottocentesca.


Momento di grande spessore culturale: un più di questo film è la presenza di Andrea Bosca, che non sarà questo grande attore ma è bellissimo e di conseguenza rende bellissimo anche tutto ciò che lo circonda, anche se con quei baffi nun s pò guardà.



Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 
  • Il Giovane Favoloso (dello stesso regista, 2014); 
  • Barry Lyndon (Stanley Kubrick, 1975)




mercoledì, marzo 18, 2015

Mommy - Xavier Dolan, 2014


Trama: Diane, una vedova che ha difficoltà a crescere il suo figlio inquieto e violento, trova aiuto in una misteriosa vicina di casa.
Cast: Anne Dorval, Suzanne Clement, Antoine Olivier Pilon

Io ho amato questo film e sapevo che lo avrei amato ancor prima di vederlo. Sapevo che lo avrei amato fin da quando Xavier Dolan annunciò che aveva intenzione di portalo a Cannes (dove, tra l'altro, ha anche vinto): amo semplicemente qualsiasi cosa che esca fuori dalla mente di quest'uomo. A soli 25 anni ha diretto cinque lungometraggi (il primo quando aveva 19 anni, la sceneggiatura scritta a 16) e recitato come protagonista in tre di essi. Sì, le vostre esistenze sono inutili al confronto.

Finito questo breve elogio a Dolan - e vi ho risparmiati, perché è della mia persona preferita sulla faccia della terra che stiamo parlando e potrei scriverci un saggio sul suo conto, passiamo al film. In Mommy ritroviamo a grandi linee la stessa tematica di J'ai tué ma mère, primo lungometraggio del regista canadese, sviluppata in maniera si potrebbe dire più adulta: se J'ai tué ma mere può essere considerato uno sfogo adolescenziale, Mommy è un film complesso, dove ci vengono presentati tre personaggi molto diversi tra loro e ai quali ci affezioniamo nel momento esatto in cui appaiono sullo schermo: Diane, mamma atipica e per certi versi esasperata; Steve, probabilmente il figlio più problematico nella storia del cinema, secondo solo a Norman Bates; Kyla, insegnante che da un paio di anni ha problemi nella comunicazione verbale e di cui sappiamo ben poco.


 All'inizio del film ci appare un avviso: la storia si svolge in un futuro immediatamente prossimo in cui il governo canadese dà la possibilità ai genitori di internare i figli problematici in strutture statali, ma ciò risulta irrilevante e ce ne dimentichiamo quasi durante la visione, perché il punto di forza di questo film sono i suoi tre protagonisti e le influenze che hanno l'uno sull'altro. Dolan è un maestro nel narrare i rapporti umani, ma ciò lo sapevamo già. Riesce sempre a mostrarci in maniera impeccabile cosa lega i suoi personaggi, che sia odio, amore, amicizia o qualcosa nel mezzo. Ma è anche un maestro nel lasciare questi rapporti sospesi ad un filo: così come in Tom à la ferme non sapevamo esattamente cosa legasse il protagonista al il suo carnefice e in Les Amours Imaginaires non sapevamo esattamente cosa legasse i tre personaggi tra loro, in Mommy non riusciamo a cogliere ogni sfumatura di ciò che lega la madre al figlio, il figlio alla vicina e le due donne l'una all'alta.

Dolan è anche, e soprattutto, un esteta: non c'è una sola cosa che lasci al caso, dall'aspetto dei personaggi agli ambienti in cui essi si muovono e agli oggetti che utilizzano. Sa esattamente cosa sta facendo, dal primo fotogramma all'ultimo e ogni cosa è come egli vuole che sia, poco importa se non ha del tutto senso: a tal proposito cito il formato del film, che è quasi completamente in 1:1, fino a che Steve non allarga letteralmente l'inquadratura con le mani in un momento in cui la sua vita e quella delle due donne ha trovato un certo equilibrio, destinato però a non durare. Nuovamente l'inquadratura si allarga, stavolta ad opera del regista e non di un personaggio, quando i tre protagonisti si allontanano dal loro quartiere per fare una gita, a simboleggiare la libertà e la felicità, sempre effimera, di cui in quel momento godono.


Qualcuno ha trovato la colonna sonora un po' scontata ma io, personalmente, l'ho adorata. Le scene più belle del film sono accompagnate dalla musica, per citarne alcune: la scena di Colorblind dei Counting Crows, dove Steve è in giro sullo skate; la scena di Blue degli Eiffel 65, intensa lite tra Steve e Kyla; la fantastica scena di On Ne Change Pas di Celine Dion, la mia preferita; il finale bellissimo, di cui non anticipo nulla, accompagnato dalle note di Born To Die di Lana Del Rey.


Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 
  • J'ai tué ma mère (2009) e tutti gli altri film di Xavier Dolan (Laurence Anyways, Les Amours Imaginaires e Tom à La Ferme): 
  • We Need To Talk About Kevin (Lynne Ramsay, 2011) per il rapporto madre/figlio; 
  • Short Term 12 (Destin Cretton, 2013) per storie con ragazzi problematici.



lunedì, marzo 16, 2015

Vizio Di Forma (Inherent Vice) - Paul Thomas Anderson, 2014


Trama: Nella Los Angeles degli anni '70 il detective tossicodipendente Larry "Doc" Sportello si trova a lavorare a un caso dopo una richiesta d'aiuto da parte della sua ex fidanzata.
Cast: Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Katherine Waterston, Benicio Del Toro, Jena Malone, Martin Short, Reese Whiterspoon

Questo è il mio primo post e ho una confessione da fare: prima d'ora non avevo mai visto un film di Paul Thomas Anderson. Ognuno ha le sue croci e questa è la mia. Per redimermi ho deciso di partire da Inherent Vice ma temo che non sia stata esattamente la migliore delle idee.
Ora, potrei parlare di come la scrittura sia azzeccata. Di come sia capace il cast. Di come siano belle le ambientazioni. Delle cose positive in questo film, insomma. Ma non lo farò, perché l'unica parola che ho mente per descriverlo è una sola: noioso.

Non mi interessa di quello che Doc Sportello (sì, è questo il suo nome) fa, non mi interessa dei casi che sta seguendo, non mi interessa dei bizzarri personaggi che fanno da contorno - a parte quello interpretato da Jena Malone, che è sullo schermo per poco ma riesce comunque a spiccare. Neanche la cinematografia sono riuscita ad apprezzare, mi è sembrata poco ricercata. Noia, noia, noia e due ore e mezza sono davvero troppe. Ma forse è colpa mia: la trama mi aveva fatto pensare a una cosa più pulp, violenta, caotica, sporca. Se è quello che state cercando allora siete completamente fuori strada.


Ma, nonostante tutto, un cast solido e la particolarità con cui l'intreccio è posto gli consentono di raggiungere la sufficienza. Lo considererei un esperimento cinematografico semi-riuscito, caratterizzato da una trama un po' confusa filtrata attraverso il punto di vista del protagonista, perennemente sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Caro PTA, voglio darti fiducia. Recupererò il resto della tua filmografia perché sono convinta che abbiamo semplicemente cominciato con il piede sbagliato.

Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti... 

  • Paura e Delirio a Las Vegas (Terry Gilliam, 1998)