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venerdì, ottobre 27, 2017
Sirene è la nuova fiction Rai, il cui tema principale è
facilmente intuibile dal titolo. Lo sceneggiatore di Sirene, Ivan Cotroneo
(regista anche di Un Bacio, qui la recensione), è uno che in televisione ci ha
visto lungo: dalla sua penna saltano fuori Tutti Pazzi Per Amore, un’adorabile
commedia familiare in stile musical, ed È Arrivata La Felicità, una delle
fiction migliori che io abbia mai visto, di cui aspetto con ansia la seconda
stagione – e che consiglio veramente a tutti di guardare, ve ne innamorerete.
Nonostante avesse già sperimentato l’irrealismo in Tutti
Pazzi Per Amore – tramite un personaggio deceduto che narrava le vicende dall’aldilà
– qui Cotroneo si butta sul fantasy pesante e decide di parlare delle sirene,
localizzandole – come è giusto che sia, a Napoli. Il primo difetto, se così vogliamo
chiamarlo, della serie è proprio l’ostacolo dato dall’incentrare la storia su
creature mitologiche decisamente poco utilizzate nei media: non avendo
riferimenti mediatici e popolari da cui attingere (come accade con i vampiri,
ad esempio), le abitudini e le caratteristiche delle sirene sono state
inventate di sana pianta e con poca attenzione ai dettagli, per cui spesso si
scade nel banale o peggio si cade in evidenti buchi di trama. Personalmente non
considero la cosa un gran problema, se avessi voluto guardare un documentario
sulla leggenda delle sirene l’avrei fatto, però pur essendo in Rai mi sarei
aspettata una ricerca e una continuità più accurata.
La fotografia è un’altra cosa che
non ho apprezzato: Napoli è una città meravigliosa, piena di colori e di scorci
suggestivi, e proprio perché ho riconosciuto nella serie i luoghi che vedo ogni
giorno so che si poteva fare decisamente di meglio – piccolo esempio: la
stazione metropolitana di Toledo, mostrata nella scena all’inizio, un luogo che
offre mille spunti mostrato come se fosse un posto qualsiasi (ma essendo che il
tema della stazione è proprio il mare, mi aspetto che venga mostrata in maniera
migliore nelle prossime puntate). In tante scene ho avuto l’impressione che
stessero sprecando l’occasione di riprendere qualcosa di bello, tant’è che
avevo voglia di gridare alla tv “gira la
camera di là! Aggiusta le luci! Quel posto è così bello e lo stai inquadrando male!”. Sugli effetti
speciali non ho granché da dire, sicuramente dignitosi per una serie del genere
(a parte un paio di eccezioni) e le scene sott’acqua mi sono piaciute molto.
I personaggi, specialmente quelli
umani, sono parecchio stereotipati (Argentero il fessacchiotto della
situazione, Gallo l’uomo zerbino, ecc.) così come le sirene che con la loro
misandria a volte sono decisamente troppo, ma comunque trovo l’idea di
rovesciare i ruoli – sirene autoritarie, uomini succubi abbastanza simpatica.
Posso quindi dire che mi aspettavo
un prodotto dalla qualità decisamente migliore, ma in sintesi Sirene va presa
per quella che è, una serie molto leggera e alla mano, ottima per occupare un’oretta
e mezza alla settimana senza fare grandi analisi televisive e sociali. C’è un
po’ di trash consapevole (specialmente nel personaggio di Maria Pia Calzone), a
volte si scade nel banale, ma se non la si prende troppo sul serio è
godibilissima. Anche se si può sempre migliorare e spero lo faccia, nelle
prossime puntate.
Probabilmente l’unica cosa davvero
orribile è il finto accento napoletano di Luca Argentero. Terrificante.
mercoledì, ottobre 18, 2017
Suburra: Spadino, Aureliano e la rappresentazione LGBT
10/18/2017 Unknown
Suburra – La serie, presquel dell’omonimo film, è uscita da
qualche settimana e praticamente mezzo popolo italiano l’ha binge-watchata
(passatemi l’inglesismo), e già questa è una grande vittoria per la nostra
serialità: dopo Romanzo Criminale e Gomorra, alle quali ogni serie verrà sempre
e inevitabilmente paragonata, siamo stati capaci di creare un’altra serie di
genere con un certo impatto mediatico e popolare, ma soprattutto di qualità –
per trama, recitazione, regia, sceneggiatura, tutto.
Adesso non
voglio perdermi in lusinghe inutili, perché se dovessimo approfondire Suburra
ha sicuramente la sua dose di difetti, ma anche perché non è questo l’argomento
del post.
Ciò che
Suburra ha e che le altre serie italiane (ma anche internazionali, a dire il
vero) non hanno è la presenza di Spadino, un personaggio dichiaratamente gay –
per il pubblico più che per i personaggi della serie, dove tutti lo sanno ma
nessuno ne parla – in un ambiente telefilmico e cinematografico dove i
personaggi LGBT vengono rappresentati marginalmente e come “macchiette” oppure
non vengono rappresentati affatto, ovvero quello della criminalità organizzata.
Ritornando al paragone con Gomorra, ho un vago ricordo di un ragazzino transgender
che viene freddato entro la fine della puntata; c’è anche la fidanzata del boss
Salvatore Conte, donna transessuale che ricordiamo per l’iconica scena che qualsiasi abitante dell’entroterra napoletano continua a imitarecompulsivamente dopo due anni dalla sua messa in onda (ve lo giuro). Il primo
un espediente narrativo che, appunto, si esaurisce nel giro di una puntata; il
secondo un personaggio dalle nobili intenzioni narrative, cioè il desiderio di
condurre una vita di coppia normale, ma che ha avuto l’impatto opposto nell’immaginario
collettivo popolare – po po po po.
In Romanzo
Criminale c’era Ranocchia, un personaggio molto marginale, né particolarmente
positivo né particolarmente negativo, dagli atteggiamenti effemminati che i
membri della banda spesso e volentieri prendevano in giro.
Spadino si
inserisce in un ambiente inedito al pubblico italiano: il fratello minore del
boss di uno dei clan criminali più potenti di Roma, forzato in un matrimonio
combinato con una donna ma chiaramente innamorato di un suo partner-in-crime,
il figlio del boss di un clan nemico – e qui le allegorie su Romeo e Giulietta
si sprecherebbero, ma ricordiamoci che questo è un blog di recensioni serie.
Più o meno.
Spadino vive
questa sua sessualità tutt’altro che con tranquillità e spensieratezza, ma ciò
non impedisce al personaggio di crescere, evolversi e agire in altri ambiti.
Insomma, la serie è così piena di sottotrame che di Spadino innamorato di
Aureliano, mentre guardiamo la serie, non ce ne può fregar di meno. Viene tutto
mostrato, nulla viene lasciato all’interpretazione personale (come fanno molte
serie americane e inglesi, fin troppe a mio avviso), ma ciò non è assolutamente
centrale e rilevante ai fini della trama principale. Ed è normale che sia così,
perché il fulcro di Spadino, così come degli altri personaggi, è che è un
criminale, non un omosessuale, e soprattutto non una “macchietta” – se a
Spadino gli urli frocio per strada, come minimo ti sgozza con il suo coltello.
E adesso
passiamo all’altro lato della medaglia. Aureliano nella serie ha amato una
donna (e un’altra ancora nel film, ammesso e concesso che la serie decida di
essergli fedele) e non ricambia i sentimenti di Spadino, quindi tutto ci fa
presupporre che sia eterosessuale. Aureliano è il figlio di un boss quando
inizia la serie, nel film invece lo vediamo già a capo del clan di famiglia, e
a mio avviso, in entrambe le opere, è caratterizzato come il personaggio più
violento tra tutti. Nella serie, Spadino è l’unico amico di Aureliano ed è l’unico
che più o meno, con le dovute differenze, condivide la sua visione del mondo.
Aureliano è anche carnale nei confronti di Spadino, ci tiene a lui, se il
secondo lo abbraccia lui non si tira indietro, canta e si diverte e altre coseche chi ha visto la serie sa. E quando le cose tra i due precipitano, lui
potrebbe andare a cercarlo e ucciderlo subito, ucciderebbe per molto meno (e
chi ricorda il film sa di cosa sto parlando) ma no, non lo fa fuori.
Ora, questo
può significare tutto o niente, però penso che in un’eventuale seconda stagione
ci siano i presupposti per creare qualcosa di nuovo e rivoluzionario, tutto sta
alla piega narrativa che si deciderà di prendere – e anche un po’ al coraggio
degli autori, che hanno iniziato a perseguire una strada, quella della
rappresentazione LGBT nelle serie di genere, in una maniera eccelsa, e che
potrebbero continuare. Non sono il tipo di persona che in una serie si
fossilizza sulle relazioni romantiche o sessuali dei personaggi, ho sempre
preferito vedere le cose nel complesso, finché la serie è scritta e girata così
come ci ha abituati dalla prima puntata, del rapporto tra Spadino e Aureliano
posso tranquillamente farne a meno.
Ma
ricordiamoci, però, che questi personaggi potrebbero esistere, o forse esistono
già – e non parlo del ragazzo che si innamora di un amico, ma di una fluidità
sessuale e romantica che esiste nelle persone “normali” e non c’è motivo per
cui non possa esistere in un criminale. I presupposti ci sono e queste persone
esistono. Rappresentatele.
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