Sirene è la nuova fiction Rai, il cui tema principale è
facilmente intuibile dal titolo. Lo sceneggiatore di Sirene, Ivan Cotroneo
(regista anche di Un Bacio, qui la recensione), è uno che in televisione ci ha
visto lungo: dalla sua penna saltano fuori Tutti Pazzi Per Amore, un’adorabile
commedia familiare in stile musical, ed È Arrivata La Felicità, una delle
fiction migliori che io abbia mai visto, di cui aspetto con ansia la seconda
stagione – e che consiglio veramente a tutti di guardare, ve ne innamorerete.
Nonostante avesse già sperimentato l’irrealismo in Tutti
Pazzi Per Amore – tramite un personaggio deceduto che narrava le vicende dall’aldilà
– qui Cotroneo si butta sul fantasy pesante e decide di parlare delle sirene,
localizzandole – come è giusto che sia, a Napoli. Il primo difetto, se così vogliamo
chiamarlo, della serie è proprio l’ostacolo dato dall’incentrare la storia su
creature mitologiche decisamente poco utilizzate nei media: non avendo
riferimenti mediatici e popolari da cui attingere (come accade con i vampiri,
ad esempio), le abitudini e le caratteristiche delle sirene sono state
inventate di sana pianta e con poca attenzione ai dettagli, per cui spesso si
scade nel banale o peggio si cade in evidenti buchi di trama. Personalmente non
considero la cosa un gran problema, se avessi voluto guardare un documentario
sulla leggenda delle sirene l’avrei fatto, però pur essendo in Rai mi sarei
aspettata una ricerca e una continuità più accurata.
La fotografia è un’altra cosa che
non ho apprezzato: Napoli è una città meravigliosa, piena di colori e di scorci
suggestivi, e proprio perché ho riconosciuto nella serie i luoghi che vedo ogni
giorno so che si poteva fare decisamente di meglio – piccolo esempio: la
stazione metropolitana di Toledo, mostrata nella scena all’inizio, un luogo che
offre mille spunti mostrato come se fosse un posto qualsiasi (ma essendo che il
tema della stazione è proprio il mare, mi aspetto che venga mostrata in maniera
migliore nelle prossime puntate). In tante scene ho avuto l’impressione che
stessero sprecando l’occasione di riprendere qualcosa di bello, tant’è che
avevo voglia di gridare alla tv “gira la
camera di là! Aggiusta le luci! Quel posto è così bello e lo stai inquadrando male!”. Sugli effetti
speciali non ho granché da dire, sicuramente dignitosi per una serie del genere
(a parte un paio di eccezioni) e le scene sott’acqua mi sono piaciute molto.
I personaggi, specialmente quelli
umani, sono parecchio stereotipati (Argentero il fessacchiotto della
situazione, Gallo l’uomo zerbino, ecc.) così come le sirene che con la loro
misandria a volte sono decisamente troppo, ma comunque trovo l’idea di
rovesciare i ruoli – sirene autoritarie, uomini succubi abbastanza simpatica.
Posso quindi dire che mi aspettavo
un prodotto dalla qualità decisamente migliore, ma in sintesi Sirene va presa
per quella che è, una serie molto leggera e alla mano, ottima per occupare un’oretta
e mezza alla settimana senza fare grandi analisi televisive e sociali. C’è un
po’ di trash consapevole (specialmente nel personaggio di Maria Pia Calzone), a
volte si scade nel banale, ma se non la si prende troppo sul serio è
godibilissima. Anche se si può sempre migliorare e spero lo faccia, nelle
prossime puntate.
Probabilmente l’unica cosa davvero
orribile è il finto accento napoletano di Luca Argentero. Terrificante.
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