Suburra, l'altra faccia (reale) della grande bellezza (Stefano Sollima, 2015)

domenica, ottobre 18, 2015

Suburra, l'altra faccia (reale) della grande bellezza (Stefano Sollima, 2015)


Il modo migliore, secondo me, per arrivare alla testa e alla coscienza delle persone è attraverso i film. Le notizie sono troppo analitiche, troppo contorte e spesso finiscono per stancarci: mostrare direttamente i fatti, soprattutto se spiacevoli, sbatterli in faccia a chi guarda con cruda violenza fa sì che restino impressi nella mente e che diano da pensare. 

Questo è quello che Stefano Sollima fa da sempre. Romanzo Criminale era una versione più romanzata e senz'altro più piacevole della realtà, con dei protagonisti per i quali non potevi far a meno di tifare anche se era chiaro dal primo secondo che tipi di persone fossero; ACAB mischiava un po' le carte: dei celerini ci venivano mostrati i problemi e le situazioni familiari che tutti potevamo comprendere, erano persone reali e non i cattivi contro i quali ciecamente puntiamo il dito, ma nonostante ciò nulla li portava ad esserci simpatici e le loro azioni non risultavano in alcun modo condivisibili, tutta la meccanica di ciò che facevano era soltanto dettata dal sadismo; con Gomorra si ritorna a una realtà dove i personaggi ci piacciono, le loro storie ci coinvolgono ma non c'è più niente di romanzato e piacevole: la realtà è cruda e brutta e violenta e a pagarne le spese sono le persone semplici che la vivono addosso ogni giorno. 

Suburra ricalca la scia di quest'ultima, se da spettatori ci piace e ci coinvolge, da italiani è un pugno nello stomaco e ci fa male.
Suburra nasce inizialmente dalla penna di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo nel 2013 e, alla luce dei fatti che oggi tutti conosciamo, sembra essersi tramutato in una profezia. Tutto ciò che vediamo nel film è finzione ma è reale, accade dietro le quinte da anni e continua ad accadere, anche se prima non lo sapevamo con certezza e adesso ne conosciamo una minima parte. Facendo 2+2 non è difficile ricondurre i personaggi ai fatti realmente accaduti: c'è il politico corrotto, il criminale che come un burattinaio manovra tutta Roma, il clan degli zingari e persino il presidente che si dimette e il papa che abdica (con tanto di clero coinvolto negli affari loschi della criminalità romana). 
È stato intenzionale da parte di Sollima il rimuovere tutti i personaggi positivi presenti nel libro e di lasciare soltanto quelli negativi: non c'è empatia per loro, li disprezziamo perché li conosciamo e ce li troviamo in televisione e sui giornali ogni giorno, la narrazione è imparziale ma non c'è nulla di buono da mostrare. Giocano una guerra interna e nascosta dove è la gente comune a subirne le conseguenze. Ma questi personaggi sono anche uno dei tanti punti di forza del film grazie agli attori che li interpretano, Favino su tutti che è sempre una garanzia.
Lo stile di Sollima è sempre sporco, inevitabilmente date le storie che racconta, ma sempre ricercato, raffinato ed elegante anche nelle sequenze più scomode. Ogni inquadratura è una visione a sé stante, la fotografia è cupa per rendere le atmosfere altrettanto cupe della storia ma talvolta è bucata da luci e colori brillanti, la colonna sonora è impeccabile come lo era già in Romanzo Criminale e Gomorra.

Roma è nera, sporca e decadente, spogliata di tutto il suo fascino ma più reale che mai. Niente intellettualismo, poesia, uomini di mezza età alla ricerca del senso della vita: La Grande Bellezza non è più così grande e neanche così bella. 

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