9/30/2015
Unknown
Raramente mi trovo a stroncare del tutto un film, vuoi perché non credo di avere gusti chissà quanto raffinati, vuoi perché cerco sempre di vedere qualcosa di buono anche in ciò che non mi ha colpita particolarmente. Ecco, adesso lo devo proprio dire: Sotto Una Buona Stella di Carlo Verdone fa veramente schifo.
Un po' di trama (si fa per dire): l'azienda di cui è proprietario Verdone fallisce, la fidanzata cagacazzo lo lascia, la sua ex moglie muore e quindi i suoi due figli con cui lui non ha pressappoco nessun rapporto, Tea Falco e Lorenzo Richelmy, vanno a vivere da lui. La sua vita è un disastro, ma meno male che c'è la vicina di casa Paola Cortellesi ad allietargli le giornate.
Adesso, a me piacerebbe riuscire a salvare anche una minima cosa di questo film, una sola, ma fa davvero pena su tutti i fronti. Partiamo dalla regia: le riprese sanno di vecchio e sono fatte malissimo, c'è un abuso spropositato di primi piani che già sono brutti di per sé, se poi ci aggiungi anche lo zoom... caro Carlo, ma nessuno te l'ha detto che lo zoom sui primi piani non si usa più da vent'anni? L'illuminazione delle scene è pessima, sembra fatta con le lampadine a basso consumo manco fosse un film del Dogma 95 e il regista fosse Von Trier.
I personaggi non sono meglio, a partire dallo stesso Verdone. Il suo personaggio è proprio antipatico e per metà del film parla praticamente solo lui, sia con monologhi (che in realtà non sono monologhi, è proprio che non dà neanche il tempo agli altri di rispondergli) sia con la fastidiosa voce fuori campo di cui si poteva fare benissimo a meno nel 95% delle scene. La sua fidanzata è isterica e l'attrice proprio non ce la fa, mentre Tea Falco è tutto un caso a sé. Dopo averla vista in 1992, dove nessuno ha capito cos'abbia detto per tutte e dieci le puntate e dove l'arredamento era più espressivo di lei, non mi aspettavo chissà quale grande prova attoriale ma di certo non ero pronta a vederla piangere (senza riuscirci), a sentirla recitare poesie (senza riuscirci), a dialogare nientemeno che in inglese (devo ripeterlo?). E che dire della Cortellesi, che in genere riesce a farmi ridere anche quando non fa nulla, neanche lei raggiunge la sufficienza in questo film, poverina che ha fatto quel che poteva con una sceneggiatura del genere (tra l'altro prima di questo ho visto un altro film in cui lei è la protagonista, Scusate Se Esisto, molto carino e divertente).
Ecco, parliamo della sceneggiatura: i tempi tra le battute sono terribili, non c'è un momento di silenzio in tutto il film, per non parlare dei tempi comici. Quanto è trita e ritrita la storia dell'uomo di mezz'età in crisi? Quanto non è divertente? Non c'è una sola scena nel film che mi abbia fatto ridere (consapevolmente, s'intende). Qualche esempio? Il malinteso che la Cortellesi sia in realtà una battona (ma che davvero?), Verdone che scambia la sua nipotina di colore per un'altra bambina (perché le persone di colore sono tutte uguali, si sa), i frequenti siparietti sull'organo genitale maschile, come quello sull'eiaculazione precoce e quello dove la Cortellesi lo paragona a una penna biro, e Verdone svia la conversazione perché non sia mai che una controparte femminile parli di peni, per carità. Che ridere, davvero.
Di film di Verdone ne ho visti pochissimi e non mi erano dispiaciuti granché, ma con questo film sembra esser rimasto alla comicità degli anni 90 e averla addirittura peggiorata. Gli conviene, come dice la Cortellesi nel film quando deve licenziare la gente, fare un passo indietro perché è una persona troppo competente, una risorsa troppo preziosa per quest'azienda (cit.).