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agosto 2015
8/20/2015
Unknown
In Bruges è il primo lungometraggio di Martin McDonagh (poi regista di Seven Psychopaths, uno dei miei film preferiti in assoluto) ed è un film atipico, oserei anche dire un po' strano. Dovrebbe essere un crime ma è anche un po' un thriller ed è sicuramente drammatico, però è senz'altro anche una commedia nera.
La Bruges del titolo è una cittadina belga che sembra uscita da una fiaba (come ci ricordano spesso i personaggi), cittadina nella quale il protagonista Ray (Colin Farrell) e il suo collega Ken (Brendan Gleeson), due sicari, vengono mandati dal loro capo Harry (Ralph Fiennes) per un incarico che non gli è stato ancora comunicato. Ray è tormentato dal passato: durante uno dei suoi lavori ha erroneamente ucciso un bambino e non riesce a perdonarselo, tanto da pensare continuamente al suicidio.
Ci sarebbero tutte le carte in tavola per uno di quei drammoni introspettivi... e invece no, perché In Bruges è anche un film drammatico ma non è pesante, non annoia con la psicologia del sicario tormentato, non pretende di far pensare. In Bruges non esagera ma dosa perfettamente vari generi, nessuno prevale sull'altro ma ognuno è espresso al suo meglio. La sua ironia è inappropriata, amara, nera per l'appunto, così che il film non si perda nella mediocrità delle commedie d'azione di cui i cinema sono pieni. I dialoghi sono assolutamente brillanti, non sono mai forzati o sottotono ma calzano alla perfezione, dai monologhi del protagonista a qualsiasi conversazione che comprenda il personaggio di Ralph Fiennes, che in questo film è un gradino sopra ogni cosa (ma non lo è sempre, in fondo?).
Leggendo i commenti che si trovano online, c'è chi l'ha definito "il film che Guy Ritchie ha sempre voluto fare ma che non gli è mai riuscito" oppure "il film che neanche Tarantino sarebbe riuscito a scrivere meglio": In Bruges è diverso da qualsiasi cosa che io abbia mai visto ed è per questo che è fantastico, è una perla in un mare di film che si somigliano tutti tra di loro, non potete assolutamente farvelo scappare.
Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti...
- Seven Psychopaths (stesso regista, 2012);
- Reservoir Dogs (Quentin Tarantino, 1992);
- A Fish Called Wanda (Charles Crichton, 1988);
- Kiss Kiss Bang Bang (Shane Black, 2005)
8/10/2015
Unknown
Quante commedie romantiche per adolescenti abbiamo visto dove la protagonista era una sfigata in piena regola e l'atleta belloccio di turno si innamorava di lei, tra lo stupore di tutti i loro compagni e la nostra speranza che qualcosa di simile, un giorno, sarebbe potuto capitare anche a noi?
I tempi, però, sono cambiati: gli atleti sono sempre atleti e i nerd sono sempre nerd ma, da qualche anno, sono questi ultimi a detenere lo scettro nei prodotti cinematografici e televisivi. Basti pensare a tutte le commedie e ai telefilm che guardiamo e ai personaggi con cui ci relazioniamo. Ormai non vogliamo essere come i personaggi che consideriamo belli, atletici, invidiati da tutti: vogliamo essere strani, divertenti, sfigati. Vogliamo essere noi stessi, perché essere noi stessi è meglio che essere uno stereotipo.
Be the best weirdo you can be: questo è, in sostanza, il messaggio di The Duff (tradotto in italiano con il complicato titolo di L'A.S.S.O. Nella Manica), che prende la storia trita e ritrita dell'atleta e della sfigata e la stravolge, tenendo conto di come funzionano adesso le dinamiche tra adolescenti. Oggi la conoscenza della cultura pop non è più da outsider, non è insolita, ma è un vanto da sbandierare. I social network non sono cattivi se li si sa usare (Cyberbully popola ancora in miei incubi, di tanto in tanto) e sono all'ordine del giorno; il film gioca molto sull'utilizzo di questi, infatti all'inizio ci viene proposta una carrellata di hashtag per aiutarci ad inquadrare i personaggi in fretta. Semplice ma efficace.
La trama non brilla di certo per originalità: Bianca (interpretata dall'adorabile Mae Whitman) è intelligente, divertente, sarcastica e decisamente nerd. Le sue migliori amiche sono belle e volute dai ragazzi, tutto ciò a cui una come Bianca dovrebbe aspirare. Una sera, Wes (Robbie Amell), suo vicino di casa e giocatore di football più popolare della scuola, le fa notare che lei è una DUFF (Designated Ugly Fat Friend): in poche parole, è l'amica sfigata il cui unico scopo è far risaltare le altre amiche, più belle e in gamba. Lei, chiaramente, non la prende bene e quindi chiede a Wes di aiutarla a scollarsi quest'etichetta da dosso e a conquistare Toby, l'archetipo dell' hipster, per il quale ha una cotta. Come da manuale c'è anche la basic bitch, Madison (interpretata dalla dea terrestre Bella Thorne), ex di Wes decisa a riconquistarlo. Il resto potete immaginarlo.
Ciò che è fresco e travolgente è il modo in cui la storia è posta: Bianca è awkward, è una ragazza normale, ma Bianca non ha bisogno di cambiare perché è già fighissima così com'è, e infatti il ragazzo lo conquista senza cambiare di una virgola. E, raramente succede in questo genere di film, tutto ciò è credibile: non c'è motivo per cui Wes non dovrebbe innamorarsi di Bianca, perché Bianca è fantastica anche senza essere bella o talentuosa, senza essere nulla di speciale. Siamo tutte, e qui includo anche me stessa, un po' lei.
Wes non è il ragazzo perfetto, semplicemente perché adesso la definizione di ragazzo perfetto non vede più lo stereotipo dell'atleta bello e popolare quanto quello del ragazzo sensibile, artistico, magari anche con gli occhiali e che indossa soltanto polo e maglioni. E la relazione tra Wes e Bianca è prima di tutto un'amicizia, dove entrambi sono liberi di essere ciò che vogliono al di fuori di quello che lo stereotipo della commedia teen americana ha imposto con gli anni.
E, come se non bastasse, tutto il film è dannatamente divertente.
Insomma, se i soliti film adolescenziali vi hanno stancato, se vi mancano John Hughes e The Breakfast Club, se volete più Easy A e meno Cyberbully (scusatemi se lo menziono di nuovo, ma è sempre doveroso ricordare quanto faccia schifo) allora avete trovato un nuovo non-così-guilty pleasure.
Se ti è piaciuto potrebbero anche piacerti...
- The Breakfast Club (1985) e Sixteen Candles (1984) di John Hughes, ma tutta la sua filmografia in generale;
- Easy A (Will Gluck, 2010);
- Pitch Perfect (Jason Moore, 2012)