giugno 2015

martedì, giugno 23, 2015

Cos'è successo a Orange Is The New Black?


Ecco, mi piacerebbe poter dare una risposta a questa domanda, vorrei capire perché e come una serie che in due anni si è distinta per originalità e brillantezza nei contenuti sia riuscita ad appiattirsi in tal modo. Sia chiaro, la terza stagione di OITNB non è brutta: tra Neflix che è una garanzia e il cast che ormai conosciamo e che dà sempre il meglio sarebbe stato impossibile. Solo che non è neanche bella, bella come le due precedenti dove ogni episodio tirava l'altro e tra una risata e l'altra ti legavi alle protagoniste e facevi tuoi i loro problemi. Andiamo a vedere nel dettaglio, personaggio per personaggio e storyline per storyline, ciò che ho pensato di questi 13 episodi:




Piper/Stella: la nostra non-più-protagonista in questa stagione raggiunge i vertici dell'insopportabilità, per poi riscattarsi (si fa per dire) solo negli ultimi venti minuti della serie. È completamente impazzita, un momento vuole una cosa e quella dopo ne vuole un'altra, tutto ciò che fa non ha il minimo senso. Che Piper fosse egoista l'avevamo già capito ma qui non si tratta di egoismo, ma di pura e semplice scrittura debole. Il suo business delle mutande, poi, era un qualcosa che potevano decisamente risparmiarsi.
Ruby Rose è gnocca sì, ma Stella è il personaggio più insulso di tutto lo show e mi chiedo se davvero non potevano farne a meno.

Alex: la mia amata Vause è stato il personaggio più penalizzato in assoluto, ridotto a terzo elemento di un triangolo di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza. La sua storyline non è stata sfruttata bene come sarebbe potuta essere, ma ciò non toglie che Alex sia stata uno dei pochi personaggi a Litchfield a non aver perso la ragione.

Daya/Aleida/Bennet: la storyline della gravidanza di Daya e della sua relazione con Bennet è stata la cosa più ridicola dell'intera stagione. Prima vuole il bambino, poi non lo vuole più, sua madre si mette in mezzo e non si capisce nulla, sembra di star guardando una telenovela argentina. Sappiamo che Daya non ha avuto la più rosea delle infanzie e che così sarà anche per il suo bambino, e sappiamo anche che Aleida è una pessima madre, adesso però possiamo andare oltre?
Ciò che mi ha fatto più innervosire è stata però l'immotivata dipartita di Bennet, completamente campata in aria. Non so se Matt McGorry avesse altri progetti e abbia dovuto accantonare la serie, non lo so e non mi interessa. Farlo scappare come un codardo è stata una scelta assurda e completamente out of character, che ha demolito senza alcun motivo il rapporto che si era creato tra Daya e Bennet, probabilmente l'unica relazione più o meno sana dell'intero telefilm.

Red/Healy: Red è la mia unica gioia perché è rimasta stabile come nelle due stagioni precedenti: è rimasta Red. Seppur priva di un vero nemico verso cui sfogarsi, il livello rimane sempre alto e ho trovato deliziosa (al contrario di molti) l'amicizia con Healy, sono contenta che entrambi abbiano qualcuno con cui parlare e che li possa capire. Riguardo a Healy, non sono ancora riuscita ad inquadrarlo: appena mi convinco che sia una brava persona fa qualche cazzata che mi fa ricredere, ma comunque non mi dispiace vederlo sullo schermo.

Pennsatucky/Big Boo: la sorpresa più bella di questa stagione è stata senza dubbio l'amicizia inaspettata tra Tiffany e Boo, che decidono di fare squadra superate le avversità delle stagioni precedenti. Boo finalmente esce dallo status di personaggio secondario ed è fantastica, mentre Tiffany si riconferma uno dei miei personaggi preferiti (sì, l'amavo anche quando era matta). Ho trovato un po' di cattivo gusto la scelta di inserire una violenza sessuale nel passato di Tiffany, mi ha dato l'impressione di essere motivata dal voler farla piacere al pubblico a tutti i costi, e sappiamo bene che OITNB sa fare meglio di così per farci amare un personaggio. Parlando della guardia (di cui non mi sono neanche disturbata ad imparare il nome), sono rimasta molto delusa dalla svolta improvvisa del personaggio. Lui e Tiffany avevano potenziale, ma sembra quasi che gli scrittori non siano capaci di scrivere un uomo senza trasformarlo in un codardo, un maniaco sessuale o una lagna umana (o tutti e tre nel peggiore dei casi).

Sophia e la famiglia ispanica: arriviamo ora a questa storyline che ha davvero dell'assurdo. Per due stagioni tutte hanno amato Sophia, è tutto filato liscio come l'olio... e ora provate a rifilarmi l'emarginazione e le violenze dovute alla sua transessualità? E tra le tante la sua carnefice è proprio Gloria? No, mi dispiace ma questa non mi è scesa. Si vede che non sono riusciti a costruire proprio niente di meglio ed è davvero un peccato. Per il resto Flaca è stata passabile, Maritza molto sottotono.

Caputo e il carcere: a me Caputo piace. È un buon uomo, uno che ci tiene e che fa tutto ciò che è in suo potere per migliorare le vite delle detenute. Ma era davvero necessario propinarci tutta la storia di come ha salvato Litchfield e poi se n'è pentito, dei suoi rapporti con Danny, delle vite di tutte le guardie? Non stiamo mica guardando House Of Cards. Se non considerassi il saltare le scene una cosa moralmente sbagliata avrei visto circa 1/4 del suo screentime totale.

Norma/Leanne/Soso: un'altra storyline che sfiora il ridicolo e assolutamente non necessaria. Norma odiosa come poche, Leanne dal passato particolare ma che comunque non la riscatta, Soso invece ha finalmente trovato un suo posto nella serie e sono contenta. Non sono mai stata una sua fan ma negli ultimi episodi mi è piaciuta.

La famiglia afroamericana: loro sono le vere stelle di questa serie per quanto mi riguarda. Poussey e Taystee finalmente (e anche un po' tristemente) distaccate che si ritagliano uno spazio vero e proprio: la prima molto sottotono rispetto alla stagione precedente ma comunque nel personaggio, la seconda che funge da collante, da mamma per tutte le altre ragazze del gruppo. Suzanne magnifica con il suo romanzo e con prima il rifiuto e poi l'accettazione della dipartita di Vee (l'attrice è immesa), mentre per Black Cindy ho scoperto un amore che non avrei mai pensato di provare.

I grandi assenti: un'altra cosa che ha fortemente penalizzato questa stagione è stata l'assenza di personaggi cardine nelle due precedenti e che personalmente io adoravo; Nicky viene portata in massima sicurezza nelle prime puntate e fa perdere molto a tutto il resto della stagione. La sua storyline non è stata delle peggiori e in un altro contesto l'avrei apprezzata, però non mi è piaciuto come hanno preso il rapporto tra lei e l'elettricista e rigirato la frittata (di nuovo). È facilmente deducibile che la prerogativa di questa stagione sia stata quella di distruggere i rapporti tra le detenute e gli uomini senza apparente motivo, evidentemente qualcuno nella writers' room si era alzato con la luna storta quel giorno; un'altra mancanza che si è fatta sentire prepotentemente è stata quella di Pornstache, irriconoscibile in un'unica scena durata pochi minuti. È una persona terribile ma era scritto in maniera impeccabile ed era la nota comica dello show, come si fa a non adorarlo?; la mancanza di Larry non è spiegata (o forse sono io che non la ricordo), era un personaggio abbastanza scialbo ma preferivo quando c'era: almeno Piper non sarebbe stata completamente allo sbando.

Una stagione altalenante, quindi, che è riuscita a tenere fede a ciò che aveva messo sul piatto nella stagione precedente in alcuni punti ma che ha fallito in altri. È innegabile che non abbia portato nulla di nuovo a ciò che già c'era ed è deludente se si tiene conto del livello a cui la serie ci ha abituati. Spero che la quarta serie (se ci sarà) non segni il declino inesorabile dello show, come è successo in altri casi: se devono farla per dare il colpo di grazia e rovinare definitivamente i personaggi, preferisco che la chiudano qui e mi lascino col bel ricordo di una serie che ha rivoluzionato la tv americana degli ultimi anni (anche se non tutte le ciambelle escono col buco).

lunedì, giugno 15, 2015

Le Fate Ignoranti - Ferzan Ozpetek, 2001


Alla lista dei film di Ferzan Ozpetek di cui ho parlato non potevo di certo farmi mancare Le Fate Ignoranti, che non è il mio film preferito del regista turco (quello è Mine Vaganti, lo sanno tutti) ma è sicuramente quello che considero il più bello in assoluto ed emblematico per tutta la sua opera. Ferzan (ormai mi prendo la libertà di chiamarlo per nome) non si smentisce mai ed ecco che crea un'altra meravigliosa storia d'amore, nel senso più stretto e intimo del termine, e sulla famiglia, nel senso più libero del termine. 

Antonia (Margherita Buy) e Massimo sono sposati felicemente da dieci anni; un giorno lui viene investito da un'auto e muore. Lei rimane sconvolta nello scoprire che, dietro un quadro (chiamato proprio "La fata ignorante") appartenuto al marito, vi è una dedica di un amante. Perché Massimo era omosessuale (o bisessuale, non è specificato) e la sua storia con Michele (Stefano Accorsi) proseguiva da più di sette anni, anni in cui conduceva una vita completamente diversa da quella che sua moglie conosceva. Quello che Antonia scopre non è solo un amante ma un mondo intero di cui non sapeva nulla, a partire dai personaggi che popolano l'appartamento di Michele e che Massimo considerava la propria famiglia. 

Michele è amareggiato a dir poco, è arrabbiato con Antonia che per sette anni ha avuto ciò che a lui era concesso vivere solo nell'ombra. È allo stesso tempo incuriosito dalla donna, l'unica persona che può condividere il suo dolore e che porta su di sé ciò che resta di Massimo. L'ostilità di Michele comincia a vacillare e Antonia gli va incontro, mentre la rassegnazione si fa strada in lei e con essa il desiderio di conoscere davvero quel marito che le sembra distante anni luce da quando era in vita. Michele e Antonia si scontrano, incapaci di vedere Massimo in ciò che descrive l'altro, e poi si incontrano, sviluppando una dipendenza reciproca dove nell'altro cercano l'uomo che entrambi hanno amato.

Stefano, a noi piace ricordarti così: mentre ti bombi due
uomini insieme invece delle showgirl di Tangentopoli.
Vedo questo film allo stesso modo di una poesia dedicata alla perdita di una persona cara, malinconico e struggente, delicato come il bicchiere di vetro che cade a terra e si rompe in mille pezzi ("Si dice che quando ti si rompe un bicchiere la persona che ami se n'è andata via"). A legare i versi di questa poesia è la presenza di Ernesto (Gabriel Garko, probabilmente nell'unico bel ruolo della sua carriera), membro della "famiglia" con una storia d'amore abusiva e irrisolta alle spalle e gravemente malato, prossimo alla morte (tema ripreso poi in altra salsa in Saturno Contro). 
Un film magico, tipico di Ozpetek, dove ogni cosa sembra essere nel posto giusto al momento giusto ma pronta a crollare, dove l'amore viene proposto in tutte le sue sfumature e dove si fonde, si trasforma, perché è impossibile racchiuderlo in due personaggi, in una storia, in un'etichetta. 

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lunedì, giugno 01, 2015

Mr. Robot è una bomba ed è pronto ad esplodere


Quando si tratta di storie, che siano esse film, telefilm, libri o fumetti, io ho due punti deboli: lo spionaggio e l'hacking. Datemi qualcosa che abbia a che fare con ciò e c'è il 99% di possibilità che lo adorerò. 


Mr. Robot è un telefilm, il primo che recensisco su questo blog, che parte su USA Network il 24 giugno ma il cui pilot è già stato diffuso online dal canale stesso e che cade nella seconda categoria, ovvero quella dell'hacking (anche se non escludo, anzi sono quasi certa che presto metteranno in pentola anche la parte spionistica). 

Protagonista è Elliot, interpretato dal bravissimo ma poco considerato Rami Malek, di giorno programmatore in un'azienda di sicurezza informatica e di notte una sorta di hacker vigilante, affetto da un disturbo dell'ansia e da depressione cronica. Si intuisce che Elliot stia lavorando a qualcosa, non si capisce esattamente cosa: da un lato viene avvicinato da una misteriosa multinazionale che lui crede responsabile di pressappoco ogni cosa che succede nel mondo, dall'altro viene reclutato dal leader di un gruppo di hacker anarchici che gli promette una rivoluzione. 
In generale una produzione ambiziosa per USA Network, che ci ha abituato a procedurali leggeri, carini per passare il tempo ma non esattamente brillanti. La prima impressione è quella di trovarsi piuttosto di fronte a un prodotto di casa Nexflix, anche se la strada da fare è ancora tanta.

Leggendo altri commenti ho riscontrato che non è stata solo una mia impressione che ci fosse un certo citazionismo non proprio implicito a David Fincher, soprattutto visivamente, cosa che non posso non apprezzare. Le atmosfere ricordano inevitabilmente quelle della trilogia Millennium di Stieg Larsson (adattata cinematograficamente in una trilogia svedese e in un film proprio di Fincher) e le analogie tra Lisbeth Salander ed Elliot, entrambi vigilanti solitari, non potrebbero essere più chiare; a qualcuno in giro per l'internet ha ricordato anche Fight Club e, pensandoci, qualche elemento del libro cult di Palahniuk portato poi al cinema da Fincher c'è. 

Elliot si presenta da subito come un soggetto particolare, fin dall'inizio dove dichiara di "non poter credere di star parlando da solo": il suo disturbo dell'ansia non è sottinteso come spesso capita in questo genere di storie ma è esplicitato dal personaggio stesso (in quanto voce narrante) e non è affatto ingombrante pur essendo un tratto delinenante, anzi è interessante e caratterizzato molto bene anche grazie al linguaggio corporeo di Malek. 
Il tutto ha un'accezione vagamente fumettistica, a partire dal nome dello show (che, lasciatemelo dire, è un po' brutto) al nome della società contro la quale Elliot combatte, la Evil Corp (un gruppo di cattivoni chiamati Evil, davvero? Non siete proprio riusciti a pensare a niente di meglio?).  

Se siete fan del genere Mr. Robot è, in due parole, una figata pazzesca. È partito alla grande e può continuare su questa strada, sviluppando una trama orizzontale epica, oppure possono riempire quest'ora settimanale di storyline pompose e confusionarie e farlo scadere nella cagata colossale: ce lo dirà solo il tempo. Intanto il pilot mi ha entusiasmata come pochi ultimamente, speriamo che non lo cancellino subito... d'altronde nessun telefilm dura se Christian Slater è nel cast.

Edit: sono stata informata che il regista di Mr. Robot è Niels Arden Oplev, lo stesso del primo capitolo svedese della trilogia Millenium. Direi che spiega molte cose. 

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  • la trilogia Millennium di Stieg Larsson, trasposta in tre film svedesi con Noomi Rapace nel 2009 e in un remake americano dal titolo The Girl With The Dragon Tattoo (David Fincher, 2011) con Daniel Craig e Rooney Mara;
  • Fight Club (1999) e The Social Network (2010) di David Fincher;
  • The Fifth Estate (2013, Bill Condon), film sulla vita di Julian Assange;
  • Person Of Interest (2011), telefilm distopico e spionistico;
  • Halt And Catch Fire (2014), telefilm che tratta temi d'informatica;
  • Arrow (2012) e Gotham (2014), telefilm dell'universo DC Comics.