gennaio 2017

martedì, gennaio 03, 2017

Una visione diversa della disabilità: Io Prima Di Te


Mettiamo subito le cose in chiaro: Io Prima Di Te non è un bel film. La premessa è molto banale, la sceneggiatura è scritta da cani e forse è recitato anche peggio. I due personaggi principali sono talmente esasperati nelle loro caratteristiche che a tratti risultano essere anche fastidiosi: lei, Emilia Clarke, vestita direttamente dal guardaroba de Il Mondo Di Patty, la classica ragazza “non bella”, semplice, che non fa sangue (e insomma…) ma dal cuore d’oro, sempre gentile, attenta e che si spacca la schiena per aiutare la famiglia; lui, Sam Claflin, bonazzo milionario un po’ stronzo che rimane paralizzato dopo un incidente e quindi deve decisamente ridimensionare il suo tenore di vita. Ora, due del genere come potevano non innamorarsi? Ecco, appunto.

Premesso che io sono tutt’altro che una fan del genere “storie strappalacrime di persone che si innamorano di altre persone con handicap/malattie terminali”, e si è sicuramente notato data la stroncatura iniziale, c’è una cosa di questo film che io ho apprezzato molto ed è infatti il motivo che mi ha spinto a scriverne: questo film è incredibilmente superficiale pur trattando un tema delicatissimo, e paradossalmente funziona. Il personaggio di Sam Claflin è in sé superficiale, se così possiamo definirlo. Perde qualsiasi voglia di vivere dopo l’incidente, perché abituato a una vita di eccessi, sport adrenalinici, conquiste amorose ecc. che chiaramente non può più condurre, e per di più talvolta continua a essere stronzo – ma il personaggio della Clarke è talmente una cagacazzo che non me la sento di biasimarlo per questo. Il punto è che lui, per tutto il film, non “guarisce” da questa sua condizione; il male di vivere persiste perché puoi avere chiunque accanto a te, ma se non stai bene con te stesso c’è poco da fare. L’amore ci può alleviare qualche sofferenza e rendere più piacevole la nostra permanenza qui, ma purtroppo non è il rimedio a ogni cosa e non si vive di solo amore.  Questo è, sostanzialmente, il messaggio che trasmette il film, un messaggio a mio parere veritiero e realistico, diverso dall’idea che spesso viene trasmessa nei film che “l’amore ci salva da ogni cosa”. Non è così, perché al contrario di come la pietà generale ci induca a pensare, le persone disabili non sono santi, non sono più sensibili o più delicate, sono per l’appunto persone che provano rabbia, odio, delusione come chiunque altro sulla faccia della Terra. E il personaggio di Claflin ne è perfettamente consapevole, che neanche l’amore sarà in grado di restituirgli ciò che ha perso, quindi perché fingere il contrario?


Diciamo che ho voluto scavare a fondo, trovando forse un significato che in realtà non c’è, e il film magari è semplicemente scritto da cani. Ma tant’è. 

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